# Lo sviluppo tecnologico che travolge come un’ondata di piena la nostra società ha preso uno slancio tale che sembra d’essere lanciati in discesa su di una bicicletta senza freni. Dopo l’ingresso dei computer in tutti i settori della nostra vita, c’è stata la rivoluzione nelle comunicazioni causata da Internet e telefoni cellulari; non ci abbiamo ancora fatto il callo, che già bisogna far fronte a quanto può porre in dubbio il nostro status come specie dominante sul pianeta: l’intelligenza artificiale. Viene spontaneo dire: Fermate il mondo, voglio scendere !
A mio parere questa considerazione spiega molto delle ultime vicende della politica mondiale, dominata ormai dalla nostalgia del passato e dal terrore del futuro. Prendiamo ad esempio la Brexit; di fronte al ruolo sempre più secondario del Regno Unito sul palcoscenico mondiale, gli inglesi devono aver pensato che tanto valeva rinchiudersi nella loro isola e costruire “Jerusalem in England’s green and pleasant land”, come ha scritto William Blake. Inutile dire che se ne sono già pentiti amaramente.
Sull’altra sponda dell’Atlantico Donald Trump vuole fare l’America “great again”, ossia procede anche lui con la testa girata all’indietro, verso un passato del tutto fantastico. Non è un caso che dopo il sostanziale fallimento di Barak Obama nel rassicurare i cittadini americani travolti dalla crisi economica ed incerti sul loro futuro, i successivi presidenti degli Stati Uniti abbiano tutti sugli ottant’anni, ed un avvenire ormai alle loro spalle: se quello fa paura, è molto meglio ancorarsi al passato.
Per quanto lo riguarda Vladimir Putin vuole fare la Russia “great again”, il che praticamente consiste nel riportare in vita il cadavere dell’Unione Sovietica, la cui dissoluzione è stata secondo lui la più grande catastrofe del ventesimo secolo, come ha ripetuto più volte. Il progetto è con ogni evidenza psicotico, nondimeno pone una minaccia concreta alla sopravvivenza dell’umanità, considerato che la nazione che intende farsene carico è satura di armi nucleari.
A crogiolarsi nel sole dell'avvenire è rimasta la Cina, alla quale gli infantili terrori notturni russi, americani o europei devono sembrare ridicoli. Una reazione comprensibile, da parte di chi vive già nel 2050.
P.S.
Mi stavo dimenticando del nostro Bel Paese, lapsus davvero imperdonabile, anche se forse freudiano. Sempre a metà fra tragico e ridicolo, noi ci siamo limitati a voler fare la Padania “great again”, spacciando ai furbi e agli orbi un sovranismo da straccioni che però ha grande successo fra ‘la gggente’.
Il blog di Pietro Gasti
Considerazioni Inattuali
18.11.25
K806
14.11.25
K805
# Ah, l'autunno !
Sotto la pioggia
che cade a dirotto
lungo il pomeriggio
l’ascia senza nome
decapita il crepuscolo
Haruki Murakami
11.11.25
K804
# Jane Austen è stata a volte ‘accusata’, da critici letterari senza altri argomenti, di non interessarsi alla situazione sociale del suo tempo, che in effetti non trova alcun riscontro nei suoi romanzi. Questo è vero, ma a mio parere non diminuisce in nulla il valore letterario delle opere della scrittrice inglese.
Essendo interessati alla dinamica della rivoluzione industriale che allora infuriava in Europa, tanto vale leggere “Le lotte di classe in Francia” di Karl Marx, oppure “La situazione della classe operaia in Inghilterra” di Friedrich Engels. Se si sceglie di leggere i romanzi di Austen è scontato che bisogna appassionarsi ad altri argomenti; ad esempio: perché Mr. Knightley non ha baciato la mano ad Emma ? Oppure: riuscirà Elizabeth a trovare altri modi di insultare Mr. Darcy, prima di ammettere che è l’uomo della sua vita ?
Lo stesso capita, un secolo dopo e sull’altra sponda dell’oceano, con Edith Wharton ed il suo romanzo “L’età dell’innocenza”, ambientato ai tempi di quella che gli americani hanno poi chiamato “The Gilded Age”, l’età dorata. L’appellativo è adeguato in quanto gli ultimi trent’anni dell’Ottocento furono un’epoca di grande sviluppo per gli Stati Uniti, ma anche di enormi disparità sociali e di palese, addirittura sfrontata corruzione politica.
Questo a Wharton non interessa, dato che era lei stessa, per famiglia di origine e matrimonio, ancora cinquant’anni dopo, una diretta beneficiaria di tutto ciò; l’unica preoccupazione dei suoi personaggi è continuare a vivere come hanno sempre vissuto, badando bene a non farsi corrompere dalle usanze europee, secondo loro troppo avanzate. Il conservatorismo del gentil sesso si spinge al punto che, pur acquistando abiti a Parigi tutte le stagioni, li tengono poi due anni negli armadi, in quanto essere troppo alla moda è considerato, nel loro ambiente, un’abitudine disdicevole.
In entrambi i casi, inglese ed americano, il pilastro dell’ordinamento sociale risiede nel gentil sesso, mentre gli uomini non sono che prede delle loro mire matrimoniali, obbligati a tutelare un sistema che in effetti le donne, nei romanzi, non mettono mai in discussione: da parte loro non fanno niente e non hanno alcuna intenzione di fare alcunché in futuro, se non produrre un’altra generazione di privilegiati.
7.11.25
K803
In queste uggiose giornate autunnali ho pensato di tirarmi un po' su il morale, in senso morale e materiale, dal punto di vista sia letterale che metaforico, con qualche lettura adeguata allo scopo.
Penso proprio d'aver trovato la pubblicazione adatta.
4.11.25
K802
# Ho parlato in post precedenti della situazione russa, e del ruolo che in essa svolge Vladimir Putin, ma non vorrei aver dato l’impressione di prendermela con una sorta di spauracchio costruito dai media occidentali. Purtroppo per il popolo russo, egli è solo l’ultimo rappresentante di una serie di suoi governanti che risale almeno a Ivan IV il Terribile, il primo a farsi incoronare Zar di tutta la Russia (1547-1584).
Pietro il Grande fece poi mostra di grande modestia assumendo il titolo di Imperatore ed Autocrate di tutte le Russie (1682-1725). Caterina II la Grande, sebbene di origine prussiana ed in corrispondenza con i filosofi dell’Illuminismo, segui il suo esempio, e fu Imperatrice ed Autocrate di tutte le Russie dal 1762 al 1796; lei tuttavia aveva un metodo di selezione della classe dirigente che ne fa un caso unico nella storia russa, avvicinandola se mai a quella imperiale romana: non per nulla era detta ‘la Messalina del nord’. Dopo di loro la storia registra una serie di Zar che rinunciarono al potere assoluto solo quando i bolscevichi fucilarono l’ultimo rampollo della dinastia Romanov, Nicola II, il 16 luglio 1918.
La dirigenza sovietica non si comportò diversamente dalla nobiltà zarista, dimostrando una distanza siderale dal popolo e la stessa propensione all’arroganza, all’abuso, alla violenza. Nondimeno Stalin venne sempre considerato dai russi il “Padre delle Nazioni" (‘Otets narodov’, come dicono loro); quando all’inizio del nostro secolo la principale emittente televisiva pubblica, ORT (Obščestvennoe Rossijskoe Televidenie), per risollevare il morale degli spettatori dopo i disastri degli anni novanta decise di produrre un programma esaltante i grandi russi del passato ed indisse un sondaggio per individuarli, si pensava che saltasse fuori Tolstoj o Puškin ecc. invece il più votato fu Stalin.
Del resto né la destalinizzazione promossa da Krushëv, né la perestrojka (ristrutturazione, riorganizzazione) tentata da Gorbačëv (che nel sondaggio citato in precedenza risultò il più odiato) riuscì ad incidere davvero su di un sistema irriformabile, che non comprende solo il ‘comunismo reale’, ma lo travalica per inoltrarsi nella storia ad esso precedente, e forse persino negli abissi dell’anima russa.
Non c’è da stupirsi allora se dopo vent’anni di liberismo sfrenato si è tornati al dominio di un nuovo autocrate, circondato dai suoi opričniki, come un tempo erano chiamate le famigerate guardie di Ivan il Terribile. Il cerchio si chiude, e spezzarlo non sarà facile, ammesso che sia possibile.
31.10.25
28.10.25
K800
# Come andrà a finire il triangolo amoroso che costituisce la trama del romanzo di Edith Wharton “L’età dell’innocenza” ? Riuscirà Newland Archer a districarsi dai mille condizionamenti che lo imprigionano, scegliendo Ellen la ribelle, o si sottometterà alla amorevole dittatura imposta su di lui dalla soave ed implacabile May ? Non che ci siano dubbi, visto che il romanzo fu pubblicato più di un secolo fa, ma leggendolo si finisce per fare il tifo per uno o l’altro dei suoi personaggi principali, ed alla fine si rischia di rimanere con un po’ d’amaro in bocca.
Newland ed Ellen si incontrano in occasioni disparate a mesi di distanza, ma ogni volta la fiamma della loro passione rischia di erompere, con conseguenze irreparabili. Avendolo ben presente, Ellen si trasferisce da New York a Washington; Newland la insegue e le strappa la promessa di un incontro ‘privato’, dopo del quale lei se ne andrà per sempre. Lui accetta questa condizione, perché è sicuro che dopo la loro intimità non gli sarà difficile convincerla a fuggire insieme.
Sennonché Ellen è costretta a tornare a New York per assistere la nonna, reduce da un lieve attacco cardiaco. La matrona della famiglia Mingott ha sempre avuto un debole per lei, per le stesse ragioni per cui il resto del clan la detesta, così vorrebbe convincerla a rimanere, tuttavia improvvisamente Ellen decide di partire per l’Europa.
Newland è ormai certo di volerla seguire, ma quando sta per dirlo alla moglie, May gli comunica di essere incinta, legandolo a sé per sempre. La scena dimostra che è tutt’altro che innocente, e ben decisa a tenersi quello che ritiene sia suo di diritto (1).
«Lo hai detto a qualcun altro?».
«Solo alla mamma e a tua madre.» Si interruppe e poi aggiunse in fretta, mentre il sangue le affluiva alla fronte:«Cioè ... anche a Ellen. Ti avevo detto che avevamo avuto un lungo colloquio un pomeriggio ... e quanto è stata cara con me».
«Ah ...», disse Archer e sentì il cuore che cessava di battergli.
Si accorse che sua moglie lo stava osservando intensamente. «Ti dispiace che sia stata la prima persona a saperlo, Newland?»
«Dispiacermi? Perché dovrebbe?» Lui fece un ultimo sforzo per riprendersi. «Ma questo è successo una quindicina di giorni fa, no? Pensavo che tu avessi detto di non esserne stata sicura fino a oggi.»
Ella avvampò, ma continuò a guardarlo. «No, non ero sicura, allora ... ma le ho detto di esserlo. E vedi che avevo ragione!», esclamò, con gli occhi azzurri che le brillavano per la vittoria.
Ormai tutti nel loro ambiente pensavano che Newland ed Ellen fossero amanti nel senso concreto del termine, benché purtroppo per lo spasimante non fosse vero. Ne era certa anche May, la quale ha pensato bene di far sapere ad Ellen d’essere incinta, anche se non ne era sicura; l’ha costretta così alla fuga in Europa, assicurandosi la vittoria su tutta la linea. Un colpo da maestro, che fa di May il mio personaggio preferito.
Nota
1. Edith Wharton, L’età dell’innocenza, Capitolo trentatreesimo



