# Nelle “Centurie” di Nostradamus vi sono due quartine che gli studiosi di questo profeta del Cinquecento collegano agli ultimi due papi. Esse sono:
Centuria V, Quartina 92
Apres le siege tenu dixsept ans,
cinq changeront en tel revolu terme:
puis sera l’un esleu de mesme temps,
qui des Romains ne sera trop conform.
Dopo il seggio tenuto diciassette anni,
cinque cambieranno in tale trascorso termine,
poi sarà eletto uno del medesimo tempo,
che dei Romani non sarà troppo conforme.
L’ultimo papa ad aver regnato 17 anni è stato Pio XI (1922-1939); i cinque papi dopo di lui sono Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Nostradamus prevede che il loro successore non si comporterà come loro, ed in effetti papa Ratzinger, con una decisione inaudita nell'era moderna, si dimise dopo sette anni di pontificato.
Centuria II, Quartina 41
La grand’estoille par sept iours bruslera,
nuee fera deux soleils apparoir:
le gros mastin toute nuit hurlera,
quand grand pontife changera de terroir.
La grande stella brucerà per sette giorni,
la nube farà apparire due soli,
il grande mastino urlerà tutta la notte,
quando il grande pontefice cambierà territorio.
La ‘grande stella’ è un evidente riferimento a Benedetto XVI, che ha regnato sette anni; la ‘nube’, ossia il caos provocato nella Chiesa cattolica dalle dimissioni del papa causa l’apparizione di due ‘soli’, vale a dire il nuovo papa ed il papa dimissionario, che ‘cambierà territorio’. Guarda caso, Ratzinger si è spostato prima a Castel Gandolfo, e poi in un monastero dentro il Vaticano; resta il problema di chi o cosa Nostradamus intendesse con ‘grande mastino’, ma è meglio non andare troppo per il sottile.
Purtroppo le profezie si spiegano solo a fatto compiuto, il che ne annulla l’utilità; forse nelle Centurie vi è una Quartina che in futuro si potrà riferire al prossimo papa, ma innanzitutto dobbiamo chiederci: ci sarà un altro papa ? A questo proposito la ‘profezia di Malachia’ risulta piuttosto inquietante.
Il blog di Pietro Gasti
Considerazioni Inattuali
29.4.25
K748
25.4.25
K747
# Qualcosa di disturbante su cui riflettere.
Secondo la versione corrente dei fatti, dentro di noi vi è uno scheletro. Ebbene, questo è sbagliato: l'unico 'noi' di cui si possa dar conto è la nostra coscienza, che risiede nel nostro cervello, quindi non è lo scheletro ad essere dentro di noi, siamo 'noi' (ossia il nostro cervello, ossia la nostra coscienza) ad essere dentro lo scheletro, o almeno a quella parte di esso che è la scatola cranica.
Ci si può quindi paragonare ai mecha-robot degli anime (cartoni animati giapponesi), fra i quali il mio preferito era "Il Grande Mazinga"; stiamo pilotando un mecha-robot fatto di ossa, che ha per rivestimento un'armatura di carne.
22.4.25
K746
# Il titolo del romanzo di Haruki Murakami "Norwegian Wood" è una citazione dell'omonima canzone dei Beatles, contenuta nell'album "Rubber Soul" (1965).
I personaggi del romanzo, ambientato negli anni delle rivolte studentesche, '68-'70, hanno riferimenti culturali del tutto occidentali, in piena rottura con la tradizione giapponese; è il loro modo di essere 'controculturali', come si usava a quei tempi. Lo scrittore preferito del protagonista, Tōru Watanabe, è Francis Scott Fitzgerald, e "Il Grande Gatsby" la sua bibbia personale. Tōru del resto può ricordare sia l'Holden Caulfield di Salinger, che il protagonista del film "Il laureato", reso sullo schermo da un indimenticabile Dustin Hoffman; l'intero romanzo ha poi molti punti di contatto con "David Copperfield" di Dickens, ma il suo titolo merita un commento.
"Norwegian Wood" è la canzone dei Beatles preferita da Naoko. Quando finisce nel centro di recupero per malati di mente la sua compagna di stanza è Reiko, un'insegnate di musica a cui la ragazza chiede sovente di suonarle qualcosa alla chitarra; nel suo vasto repertorio la fanno da padrone i Beatles, ma anche Henry Mancini, Ravel, Debussy, Burt Bacharach, Bob Dylan, Ray Charles, i Beach Boys e Stevie Wonder. "Norwegian Wood" piace a Naoko per il suo tono malinconico, che alla fine diventa piuttosto sinistro: la sua ragazza lo manda in bianco, e il narratore (John Lennon) ha una reazione a dir poco preoccupante:
And when I awoke
I was alone
This bird had flown
So I lit a fire
Isn't it good
Norwegian wood
'Wood' in questo caso significa 'legno' e non 'foresta', quindi il vecchio John per vendicarsi ha dato fuoco alla stanza ? Così sembrerebbe, visto che prima dice:
She showed me her room
Isn't it good
Norwegian wood
20.4.25
K745
# Della serie "Gli Dèi"
Colui il quale venera una divinità considerando che essa
sia altra da sé: «Altri è il dio, ed altri sono io», costui non sa.
Per gli Dèi egli è come una bestia.
Brhad-aranyaka-upanishad I, 4, 10
18.4.25
K744
# Aforismi inattuali
La Musica, considerata come linguaggio rituale, è l’esaltatrice dell’atto di vita, dell’opera di vita.
Non sembra che la grande Musica annunzii ogni volta alla moltitudine intenta e ansiosa il regno dello spirito ?
Gabriele D'Annunzio
Statuti del Nuovo Ordinamento dello Stato libero di Fiume
paragrafo 64
15.4.25
K743
# L’ossessione di Donald Trump per gli immigrati clandestini a volte sembra derivi da una profonda insicurezza, tale da spingere a chiedersi quale sia, in effetti, l’origine del Presidente degli Stati Uniti, il quale senz’altro è un discendente da immigrati lui stesso, come tutti nel suo paese, a parte chi ha origine nella popolazione nativa.
Si viene così a sapere che gli antenati di Trump non sono arrivati nel Nuovo Mondo tra i pellegrini puritani del Mayflower, ossia nel 1620; il primo Trump a sbarcare in America fu suo nonno, che allora si chiamava Friedrich Drumpf, visto che veniva da Kallstadt, cittadina della Renania-Palatinato, in Germania. Suo nipote ha sempre sostenuto che la famiglia è di origine svedese, ed anche qui c'è da chiedersi perché; si può presumere che ai tempi della Prima Guerra Mondiale essere tedeschi fosse un problema, e qualcosa delle discriminazioni subite allora sia rimasto nella memoria genetica della stirpe, spiegando così il bisogno maniacale di Trump di essere accettato e le sue spacconate sul fare l’America grande di nuovo, come se lui ne sapesse qualcosa, della vecchia America.
Sbarcato a New York, Friedrich Drumpf si accorse che per un immigrato tedesco le prospettive non erano molto migliori che in Germania; si trasferì quindi sulla costa ovest, a Seattle, per partecipare a quella che allora si chiamava ‘the Gold Rush’. Dimostrando un acuto senso degli affari, non si mise a cercare l’oro in qualche miniera, attività quanto mai aleatoria, ma nelle tasche di chi l’oro l’aveva già trovato; a tale scopo organizzò un’attività ambulante che seguiva i cercatori in giro per lo stato di Washington, fino al mitico Klondike, fornendo pasti, acquavite, gioco d’azzardo e all’occasione, dietro una tenda, le prestazioni di disinvolte pioniere.
Messa assieme in questo modo una bella somma, tornò in Germania a cercarsi una moglie, senza tener conto che l’aver acquisito nel frattempo la cittadinanza americana lo rendeva un immigrato clandestino nel suo stesso paese. Nonostante tentativi di corruzione delle autorità costituite, a Friedrich toccò il disonorevole destino d’essere deportato in America in quanto traditore della patria e del Kaiser.
Se Donald Trump ha ereditato qualcosa da suo nonno, questo è senz’altro la capacità di intercettare i desideri dei potenziali clienti, e di soddisfarli nel modo più becero e lucroso possibile. Il ‘brand’ dell’avo si rivolgeva ad alcolisti, giocatori d’azzardo e puttanieri del Klondike, quello di suo nipote all’intera popolazione americana, o almeno a quella maggioranza che preferisce distrarsi con arredamenti in finto oro e torri falliche, vagheggiando di calpestare chi è più in basso di loro, piuttosto che affrontare la triste realtà del declino degli Stati Uniti.
11.4.25
K742
# Haiku personali
Non si vede anima viva,
in primavera, come dietro lo specchio.
Fiore di susino.
Matsuo Bashō