# Il pensiero di Karl Marx ha avuto conseguenze così rilevanti sulla nostra civiltà che oggi le diamo per scontate. Prima di lui, nessuno aveva mai pensato a porre l’economia al centro della vita politica e sociale delle nazioni, mentre ancora al giorno d’oggi essa è il fulcro attorno a cui ruotano gli interessi e le aspettative degli elettori; le batoste subite dalla sinistra si spiegano anche col fatto che, occupata a rincorrere argomenti ‘politicamente corretti’, si è scordata di questa semplice verità.
Un solo esempio, per chiarire il concetto: nel 1992 lo stratega della campagna presidenziale di Bill Clinton, James Carville, gli consigliò di usare lo slogan “The economy, stupid !” per contrastare la propaganda di George Bush, incentrata sulla vittoria nella Guerra del Golfo. Fu così che Clinton ottenne il suo primo mandato.
L’importanza dell’economia in politica può anche generare effetti perversi: coll’American Dream a pezzi, e la prospettiva per i giovani di un arretramento sociale rispetto ai loro genitori, a chi si rivolgono gli elettori americani in cerca di un qualche sollievo, per quanto illusorio ? In maniera che oggi, col senno di poi, appare del tutto naturale, a chi gli sventola davanti lo stendardo di un mondo dorato quanto pacchiano e del tutto ‘delusional’, come dicono loro, ossia delirante, allucinatorio, psicotico. Non bisogna infatti essere dei 'rocket scientist' per capire che la trovata di risanare l’economia applicando tariffe su tutte le importazioni finisce solo per aumentarne il prezzo, ossia in definitiva col gravare di una tassa i consumatori americani... aspetta, ecco qualcosa da considerare attentamente: nel nostro mondo, e parlo della realtà di tutti i giorni, esiste un soggetto che ha quasi ottant'anni, è diventato in un modo o nell'altro miliardario, ha il dito sul bottone della fine del mondo, e non ha ancora capito come funzionano le tariffe... This was sometime a paradox, / but now the time gives it proof, come direbbe Amleto.
Se nelle democrazie l’economia guida la politica, questo non è vero nelle autocrazie, soprattutto se l’autocrate in questione è un ex agente del KGB, cresciuto nel culto dell’Unione Sovietica e con la certezza che l'Occidente costituisca una minaccia, come Vladimir Putin. Al contrario delle democrazie occidentali, Putin considera l’economia solo un mezzo per perseguire i suoi veri interessi, che nella sua mente da burocrate sovietico sono la difesa dei confini del “Russkij Mir”, il Mondo Russo, minacciati da un Occidente che ha vinto la Guerra Fredda senza combattere e si è appropriato, in maniera subdola e intollerabile, di tutte le terre conquistate dalla Russia con la ‘Grande Guerra Patriottica’, come laggiù chiamano la Seconda Guerra Mondiale.
Comunque, l'argomento mi ha stufato; penso che questo sia l'ultimo post che gli dedico.