14.10.25

K796

# Ho letto un romanzo di Edith Wharton che mi ha lasciato piuttosto perplesso, fin dal titolo: “L’età dell’innocenza”. Voglio dire che in tutte le sue pagine di innocenza non ho trovato traccia, se mai inganno, perfidia e ipocrisia. 
May Mingott è senz’altro innocente prima si sposarsi, ma solo nel senso triviale e perfino anatomico del termine. Per il resto è fermamente decisa a proseguire nella sua confortevole esistenza da privilegiata, ed a tale scopo si adegua in tutto e per tutto alle richieste del suo ambiente sociale, la ricca borghesia di New York negli anni settanta dell’Ottocento, l’unico milieu che abbia mai conosciuto o intenda conoscere. 
Sua cugina Ellen Oleska al contrario è la donna perduta che dopo aver sposato un ricchissimo conte polacco lo abbandona per fuggire col suo (di lui) segretario. Lasciato anche costui, riesce a rientrare nell’alta società di New York solo perché sostenuta da sua nonna, Catherine Mingott, che pur essendo ormai una vecchia signora obesa e paralitica, su di una sedia a rotelle, continua a fare il bello e cattivo tempo nel giro di famiglie che formano una sorta di aristocrazia cittadina, in quanto discendenti dai coloni che costruirono New York quando ancora si chiamava Nuova Amsterdam. 
Newland Archer è fidanzato con May, ma si innamora di Ellen, ed anche dopo il matrimonio continua a pensare a lei, che gli ha imposto di sposare May, la quale peraltro, avendo notato un diverso atteggiamento nel fidanzato, si era detto disposta a farsi da parte, se il suo cuore era di un’altra. 
Questo intreccio di silenzi, inganni, emozioni represse mi sembra l’esatto contrario dell’innocenza. Tanto per fare un esempio, Newland cerca Ellen un anno e mezzo dopo il suo matrimonio, perché non può più stare senza vederla, e le presenta la sua patetica situazione in questo modo (1):

...Io sono l'uomo che ha sposato una donna perché un'altra gli ha detto di fare così.» 
Il pallore di lei si tramutò in una vampa fugace. «Credevo ... hai promesso ... che oggi non avresti detto certe cose.»
«Ah ... ecco un tipico comportamento femminile! Nessuna donna sarà mai d'aiuto per superare una brutta situazione!» 

Sancta simplicitas ! Il vecchio Newland è arrivato a trent’anni e se ne stupisce ancora; forse l’innocenza del titolo è la sua.

Nota
1. Si veda: Edith Wharton, L’età dell’innocenza, Capitolo ventiquattresimo 

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