19.11.19

K413

# Parlando dello ‘zeitgeist’ che ha caratterizzato quello che lo storico inglese Eric J. Hobsbawm definisce “il Secolo Breve” (1917-1991), insieme al bolscevismo culturale non si può non citare il consumismo. Questo fenomeno senza precedenti nella storia dell'umanità, reso possibile dallo straordinario sviluppo economico attraversato dai paesi occidentali nel secondo dopoguerra, ha la stessa base del declino dell'arte “colta”: il tracollo della metafisica e di qualunque ordinamento “religioso” del mondo in cui viviamo.
Il consumismo funziona perché soddisfa in qualche modo anche i bisogni spirituali delle masse: una famosa azienda non vende solo biscotti, ma la promessa di una vita familiare felice, la stessa, il più delle volte vana, speranza che un tempo spacciava il prete. Le società chimiche non vendono detersivi o cosmetici, ma la bellezza in quanto tale, dea a cui tutti, uomini e donne, anche se per motivi diversi, si inchinano.
Cosa non sempre evidente, il compito delle agenzie di marketing non è quello di convincere i consumatori ad acquistare un prodotto, ma di adeguarsi per prime ai desideri della massa. Quelli che Vance Packard chiamava “i persuasori occulti” a ben vedere non hanno mai persuaso nessuno: la massa sa quello che vuole, e lo trova indipendentemente dalle intenzioni dei produttori, i quali non possono che adeguarsi.
Devo tornare sul caso del rock, in quanto esprime perfettamente il concetto. Questo genere di musica non venne creato in qualche ufficio di marketing, ma da artisti di strada e suonatori di blues vagabondi. Non servì alcuna campagna pubblicitaria per convincere la gente a comprare i suoi dischi, se mai si scatenò la propaganda in senso opposto, che definiva il rock “musica del diavolo” e vari complimenti del genere.
Nel sistema capitalistico in cui ci troviamo a vivere il rock, come altra musica popolare a cui non sono interessato, è un genere di consumo, tuttavia bisogna riconoscergli il merito di aver contribuito lui pure all'abbattimento del concetto tradizionale di arte. A me, in quanto bolscevico culturale, piacciono i Kiss, piacciono i travestimenti di David Bowie, la potenza degli AC/DC e i labbroni di Mick Jagger; se qualcuno si arroga il privilegio di affermare che questa non è arte sono fatti suoi, per così dire.

 

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