17.4.18

K259

# Virgilio nell'Eneide fa di Diomede uno strumento del Fato tramante il destino imperiale di Roma, in questo modo assolvendolo della sua natura originaria di subdolo, spietato guerriero. Dispiace notare che invece Dante non segue le orme del presunto maestro, ma precipita l'eroe acheo in uno dei gironi più bassi dell'Inferno: nell'ottava bolgia dell'ottavo cerchio, per l'esattezza, quella dei consiglieri fraudolenti, insieme ad Ulisse (Canto XXVI).
Questo è qualcosa che mi ha sempre lasciato perplesso: com'è possibile che Ulisse sia finito all'inferno per aver ingannato i Troiani coll'espediente dell'arcinoto 'cavallo di Troia' ? In guerra il saper ingannare il nemico è una dote indispensabile a qualunque comandante, di sicuro non una colpa che meriti la dannazione eterna. Come ha scritto Sun Tzu nel Primo Capitolo dell'Arte della Guerra:

Le questioni belliche seguono la Via (Tao) dell'inganno. Si tenti il nemico facendolo sentire in vantaggio, e lo si schiacci fingendosi confusi. Lo si irriti per confonderlo e si ostenti debolezza per aizzarne l'arroganza.

Cosa c'entrano poi i due famosi endecasillabi declamati da Ulisse (versi 119-120)

fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza

col fatto che sia finito all'inferno ? Cosa avrebbe dovuto dire per trovarsi in Paradiso: dovete vivere come bruti, e coltivare vizio ed ignoranza ?
Ecco allora che cominciano a spiegarsi molti fatti di cronaca aventi per protagonisti membri del clero, e lo spettacolo di indecorosa asineria offerto da buona parte della nostra classe politica.

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