28.7.20

K486

# Volendo usare la terza parte del romanzo di Marcel Proust “Alla ricerca del tempo perduto” per una sorta di analisi sociologica della classe sociale, o forse casta, designata come ‘nobiltà’ all'inizio del Novecento in Francia, si deve tener conto delle traumatiche vicende politiche cominciate con la Rivoluzione Francese e proseguite con Napoleone I, la Restaurazione (Luigi XVIII e Carlo X), la Monarchia di Luglio (Luigi Filippo d' Orléans), Napoleone III e infine la Repubblica, dopo la sconfitta nella guerra con la Prussia.
Chi fa risalire la propria nobiltà a prima della Rivoluzione, anzi addirittura all'inizio del secondo millennio, come i Guermantes, guarda con infinito disprezzo chi venne fatto nobile da Napoleone, soprattutto per meriti militari, e a tutti i loro discendenti, che non possono aspirare ad un invito nel salotto della duchessa di Guermantes. Esiste ad esempio una principessa di Iéna, un antenato della quale si era forse distinto nella battaglia in cui Napoleone aveva sconfitto, nel 1806, l'armata prussiana, ottenendo così il titolo di principe, ma è meglio non farne cenno ai ‘veri’ nobili, come il barone di Charlus (1):

Cambiai discorso e gli chiesi se la principessa di Iéna fosse una persona intelligente. Charlus mi interruppe, e assumendo il tono più sprezzante che gli avessi mai sentito: «Ah! signore, voi alludete qui a un genere di nomenclatura che mi è del tutto estraneo. Esiste forse un’aristocrazia presso i tahitiani, ma confesso di non conoscerla."

Al contrario, i Guermantes tengono in grande considerazione la principessa di Parma, chiamata “Altezza Reale”, anche se non capisco a quale regno potesse mai aspirare: dopotutto il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla cessò di esistere in seguito al plebiscito del 12 marzo 1860, quando fu annesso al Regno di Sardegna. Eppure Madame de Guermantes, di solito tanto... (il vocabolo che meglio esprime il concetto sarebbe ‘snob’, ma ovviamente non si può usare per un aristocratico, visto che è l'abbreviazione di ‘sine nobilitate’) schizzinosa, quando invita a cena il Narratore per convincerlo fa riferimento proprio a lei (1):

 «Non sareste libero venerdì, per una cosa tra intimi (2) ? Sarebbe carino. Ci sarà la principessa di Parma, che è incantevole; in ogni caso non vi inviterei, se non fosse per stare con persone gradevoli.»

La differenza fra le due principesse è, come si può capire, l'antichità della stirpe, la quale tuttavia si dimostrò di ben poca utilità pratica quando si cominciarono a tagliare delle teste, così come il diritto ‘divino’ del re al trono: nessun Gesù Cristo scese dalla croce per salvarlo dalla ghigliottina. Essa risulta poi un misero velo che non riesce a coprire la meschinità, la stupidità e in definitiva la falsità d'ogni pretesa ad una qualche distinzione sociale basata sulla stirpe; anche se vuole negarlo perfino a sè stesso, di questo si accorge il Narratore, proprio a causa della sua origine ‘borghese’, proseguendo così, volente o nolente, nel compito storico affidato alla sua classe (3):

La borghesia ha avuto nella storia un ruolo altamente rivoluzionario. Laddove è giunta al potere, la borghesia ha distrutto tutti i rapporti feudali, patriarcali, idilliaci. Essa ha spietatamente lacerato i variopinti vincoli feudali che legavano l’uomo al suo superiore naturale e non ha lasciato, fra uomo e uomo, altro vincolo che il nudo interesse, il cinico «pagamento in contanti».

Note
1. Versione di Giovanni Raboni dall'edizione Mondadori del romanzo di Proust.
2. Ossia fra gli eletti ammessi nel suo esclusivo salotto.
3. Si veda: Karl Marx e Friedrich Engels, Manifesto del partito comunista.

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