2.10.18

K307

# Nel 2016 a commento dell'uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea inserii questa immagine:


Due anni dopo la situazione è ancora peggiorata, se possibile, per la terra di Albione: oggi l'ex Primo Ministro Cameron rischia di cadere in testa al suo successore, Theresa May, e all'intero governo di Sua Maestà britannica. 
I due ministri più antieuropeisti, David Davis, responsabile della Brexit, e il titolare del Foreign Office, Boris Johnson hanno dovuto dimettersi, di modo che May possa trattare una Brexit ultra-soft, come la carta igienica. La comunità finanziaria, tuttavia, non è ancora soddisfatta, così di tanto in tanto si sente parlare di un nuovo referendum, scappatoia davvero indegna del loro blasone di ex-impero.
A ben vedere è proprio il glorioso passato a pesare come una palla al piede, e a trascinare a fondo la Gran Bretagna. Dopo la chiusura delle miniere di carbone ormai del tutto fuori mercato operata da Margaret Thatcher negli Anni Ottanta, questo paese ha smantellato il settore industriale, a cominciare dall'industria automobilistica, concentrandosi sui servizi, ma che senso ha Londra come piazza finanziaria se di sua volontà si chiude fuori dal vasto mercato europeo ? 
E' questa prospettiva a terrorizzare gli operatori della City, tanto che numerose imprese bancarie e finanziarie si preparano a fare le valigie per trasferirsi all'interno dell'Unione Europea, a Dublino, Parigi o Francoforte. Per ovvie ragioni, Roma o Milano non le prende in considerazione nessuno.

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