# Sebbene le donne parlino molto di più degli uomini, non si ha notizia di grandi oratrici, nella storia umana. Nel "Bruto" e nel "De oratore" Cicerone illustra un ampio excursus dell'eloquenza greca e romana, ma non compare il nome di una singola donna, ed in effetti sarebbe stato uno scandalo inaudito se un soggetto di sesso femminile avesse preso la parola in Senato o nel Foro.
Per illustrare la decadenza dei costumi al tempo dell'imperatore Nerone, Tacito racconta (1) che le sedute del Senato si tenevano nel palazzo imperiale perché sua madre, Agrippina Minore, potesse assistervi, dietro una tenda che la nascondeva. Una volta Agrippina avanzò verso il seggio del figlio per presiedere la seduta insieme a lui, sennonché Seneca consigliò a Nerone di farsi incontro alla madre. Conclude lo storico: "In tal modo, col pretesto dell'affetto filiale, si evitò uno scandaloso incidente."
Nessuna matrona ha mai fatto sfoggio della sua arte oratoria in pubblico, eppure nell'antica Roma alle donne non mancava un ruolo politico ed un'autorità derivante loro, come del resto ai maschi in una società oligarchica, dalla 'gens' di origine. All'inizio della carriera forense, nell'80 a.C., Cicerone difese Sesto Roscio, un cittadino di Ameria (oggi Amelia, in provincia di Terni), dall'accusa di omicidio mossagli da Crisogono, liberto e ministro di Lucio Cornelio Silla, il dittatore, al solo scopo di impadronirsi dei suoi beni. Per sfuggire ai propri accusatori Roscio si rifugiò in casa di una matrona, Cecilia Metella, della quale l'oratore in tribunale dice: "Il suo nome risuona qui a titolo di onore" (2).
Al centro dell'alleanza fra le più influenti famiglie dell'aristocrazia (i Metelli, i Claudi, i Valeri, i Servilii, il giovane Pompeo, che ottenne così di celebrare il trionfo negatogli da Silla), Cecilia non ebbe bisogno di recarsi in tribunale a parlare in favore del suo protetto: il solo fatto che lo ospitasse in casa ne garantiva l'innocenza. Sesto Roscio in effetti fu assolto, e la sconfitta del potente liberto pose fine al regime del dittatore, al quale non restava che ingaggiare una nuova guerra civile, stavolta contro la sua stessa parte politica, per mantenere il potere. Dopo qualche mese Silla si dimise da ogni incarico, ritirandosi a vita privata; morì l'anno seguente (78 a.C.).
Note
1. Cornelio Tacito, Annali, XIII, 6.
2. Marco Tullio Cicerone, In difesa di Sesto Roscio Amerino, 27. Figlia di Quinto Cecilio Metello Balearico (console nel 123 a.C.) e sorella di Quinto Cecilio Metello Nepote (c. 98), Cecilia Metella sposò Appio Claudio Pulcro (c. 79). Fu quindi madre di Appio Claudio Pulcro (c. 54), di Publio Clodio Pulcro, il famigerato tribuno della plebe, e della Clodia/Lesbia cantata da Catullo.
Per illustrare la decadenza dei costumi al tempo dell'imperatore Nerone, Tacito racconta (1) che le sedute del Senato si tenevano nel palazzo imperiale perché sua madre, Agrippina Minore, potesse assistervi, dietro una tenda che la nascondeva. Una volta Agrippina avanzò verso il seggio del figlio per presiedere la seduta insieme a lui, sennonché Seneca consigliò a Nerone di farsi incontro alla madre. Conclude lo storico: "In tal modo, col pretesto dell'affetto filiale, si evitò uno scandaloso incidente."
Nessuna matrona ha mai fatto sfoggio della sua arte oratoria in pubblico, eppure nell'antica Roma alle donne non mancava un ruolo politico ed un'autorità derivante loro, come del resto ai maschi in una società oligarchica, dalla 'gens' di origine. All'inizio della carriera forense, nell'80 a.C., Cicerone difese Sesto Roscio, un cittadino di Ameria (oggi Amelia, in provincia di Terni), dall'accusa di omicidio mossagli da Crisogono, liberto e ministro di Lucio Cornelio Silla, il dittatore, al solo scopo di impadronirsi dei suoi beni. Per sfuggire ai propri accusatori Roscio si rifugiò in casa di una matrona, Cecilia Metella, della quale l'oratore in tribunale dice: "Il suo nome risuona qui a titolo di onore" (2).
Al centro dell'alleanza fra le più influenti famiglie dell'aristocrazia (i Metelli, i Claudi, i Valeri, i Servilii, il giovane Pompeo, che ottenne così di celebrare il trionfo negatogli da Silla), Cecilia non ebbe bisogno di recarsi in tribunale a parlare in favore del suo protetto: il solo fatto che lo ospitasse in casa ne garantiva l'innocenza. Sesto Roscio in effetti fu assolto, e la sconfitta del potente liberto pose fine al regime del dittatore, al quale non restava che ingaggiare una nuova guerra civile, stavolta contro la sua stessa parte politica, per mantenere il potere. Dopo qualche mese Silla si dimise da ogni incarico, ritirandosi a vita privata; morì l'anno seguente (78 a.C.).
Note
1. Cornelio Tacito, Annali, XIII, 6.
2. Marco Tullio Cicerone, In difesa di Sesto Roscio Amerino, 27. Figlia di Quinto Cecilio Metello Balearico (console nel 123 a.C.) e sorella di Quinto Cecilio Metello Nepote (c. 98), Cecilia Metella sposò Appio Claudio Pulcro (c. 79). Fu quindi madre di Appio Claudio Pulcro (c. 54), di Publio Clodio Pulcro, il famigerato tribuno della plebe, e della Clodia/Lesbia cantata da Catullo.
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