14.12.12

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# L'ostentata superiorità di Sulpicia sulla rivale in amore (1) porta a chiedersi chi fosse il padre di colei che si vanta d'essere figlia di Servio, e parente di Messalla, come ci informa nell'elegia 14.
Pare probabile che risulti figlia del Servio Sulpicio Rufo famoso oratore, e nipote dell'omonimo console nel 51 a.C., ancor più famoso giurista; sua madre era una Valeria, figlia di Marco Valerio Messalla Niger (c. 61), quindi suo zio doveva essere Marco Valerio Messalla Corvino, console nel 31 a.C., uno degli uomini politici più in vista della prima età imperiale (2); insomma, le sue rimostranze possono essere espresse in forma risentita, ma di sicuro Sulpicia non millanta una posizione sociale inesistente (3).
Oltre all'attività politica e militare, Corvino fu il mecenate di un circolo letterario che in qualche modo si distanziava da quello raccolto proprio intorno a Mecenate; Corvino militò fra le fila di Bruto e Cassio, e poi di Antonio, prima di passare dalla parte di Ottaviano, così si può capire che attirasse chi non intendeva suonare la grancassa della propaganda di regime, come invece facevano Orazio o Virgilio. Del suo circolo fece parte Albio Tibullo, oltre al poeta del "Panegyricus Messallae" e a quello noto con  lo pseudonimo di Ligdamo; intorno ad esso orbitavano anche Ovidio e Properzio. Forse proprio frequentando questo circolo Sulpicia cominciò a interessarsi di poesia, ed è sempre per questa vicinanza che le sue poesie si introdussero nel "Corpus Tibullianum", facendola passare alla storia come l'unica poetessa latina di cui ci sia rimasto qualche verso.
Sulpicia sposò Marco Cecilio Cornuto, dal quale ebbe almeno un figlio. Dato il comportamento piuttosto disinvolto che potrebbe aver ereditato per via genetica da sua nonna Postumia (4), speriamo che il tapino non lo sia stato di fatto, oltre che di nome.

Note
1. Corpus Tibullianum, III, 16.
2. Per dare un'idea della statura del personaggio si consideri che fu console con Ottaviano proprio nell'anno della vittoria ad Azio, che diede inizio al potere imperiale del futuro Augusto. Fino a quel momento Ottaviano aveva avuto per collaboratori solo 'parvenu' (Agrippa e Mecenate, ad esempio), come in fondo era lui stesso; Messalla gli portò l'appoggio dell'aristocrazia di antica data, come fece il matrimonio con Livia Drusilla.
3. Si può aggiungere che gli stessi modi scontrosi la poetessa li usa coll'illustre parente, invitato, nell'elegia 14, a darsi una calmata: "iam quiescat". In occasione del compleanno di Sulpicia, lo zio intende ospitarla nella sua villa nei dintorni di Arezzo, di sicuro convinto di farle un favore, ma lei preferirebbe rimanere a Roma, evidentemente per continuare a 'peccare' col suo Cerinto. Il nome greco deve nascondere qualche rampollo del patriziato, visto che la schizzinosa poetessa lo definisce, nell'elegia 13, 'degno di lei', salvo però reputare il suo letto 'ignobile' se frequentato da altre 'peccatrici'.
4. Citata nel carme 27 di Catullo, e da Svetonio nell'elenco delle amanti di Cesare (Divus Iulius, L).

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