Antologia personale
Dai "Canti" di Gaio Valerio Catullo
52
Quid est, Catulle, quid moraris emori ?
Sella in curulei struma Nonius sedet,
per consulatum peierat Vatinius;
quid est, Catulle, quid moraris emori ?
Che c'è, Catullo, perchè tardi a morire ?
Scrofola Nonio è magistrato, (1)
Vatinio giura il falso per un consolato; (2)
che c'è, Catullo, perchè tardi a morire ?
Note
1. Lo "struma", divenuto in italiano "scrofola", è una ghiandola linfatica in suppurazione, o qualche specie di malattia della pelle. Nonio è forse Lucio Nonio Asprenate, un cesariano pretore nel 47 a.C. e proconsole in Africa nel 46, quando peraltro si suppone che Catullo fosse già morto; probabilmente il poeta si riferisce all'edilità, altra magistratura maggiore che dava diritto alla sedia curule, rivestita da Nonio in precedenza, in anno a noi ignoto.
2. Publio Vatinio fu tribuno della plebe nel 59 a.C., pretore nel 55 e console suffetto nel 47, durante la guerra civile fra Cesare e Pompeo. Seguace di Cesare fin dai tempi del suo consolato (59 a.C.) fu al centro di diversi intrighi politici; Cicerone pronunciò contro di lui un'orazione infuocata, accusandolo d'ogni nefandezza, ma in un processo successivo lo difese, per ingraziarsi i triumviri.
Come si vede Catullo, pur essendo provinciale egli stesso, non poteva sopportare gli uomini nuovi giunti al potere al seguito di quel campione dei 'populares' che fu Giulio Cesare. Il suo animo poetico era affascinato dai grandi nomi dell'aristocrazia: la stessa Lesbia era una Claudia, nobile che più nobile non si poteva.
Gli studiosi in genere segnalano come data probabile della morte di Catullo il 54 a.C., a circa 30 anni. Io preferisco pensare che dispersa nelle convulsioni dei conflitti civili la jeunesse dorée di cui fece parte, sia tornato a Sirmione, nella tenuta di famiglia dove anche Cesare trascorreva l'inverno, interrotte le operazioni della guerra gallica. Qui forse si sarà sposato con una brava ragazza del suo ambiente, ottenendo di dimenticare Lesbia, grazia spesso invocata ai propri numi:
Ora non chiedo più che voglia amarmi,
né, cosa incredibile, che mi sia fedele:
voglio guarire, liberarmi di questo male orribile.
Ascoltatemi, dèi, per l'amore che vi porto !
(canto 76; traduzione di Salvatore Quasimodo)
Nessun commento:
Posta un commento