8.4.09

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# Piccolo Sillabario Illustrato: S come Shakespeare (forever)


CXXI

'Tis better to be vile than vile esteem'd,
When not to be receives reproach of being;
And the just pleasure lost, which is so deem'd
Not by our feeling, but by others' seeing:
For why should others' false adulterate eyes
Give salutation to my sportive blood?
Or on my frailties why are frailer spies,
Which in their wills count bad what I think good?
No, I am that I am, and they that level
At my abuses reckon up their own:
I may be straight though they themselves be bevel;
By their rank thoughts, my deeds must not be shown;
Unless this general evil they maintain,
All men are bad and in their badness reign.


E' meglio essere infami che tali considerati,
se non essendolo ci colpisce il biasimo;
e il giusto piacere è sentito peccaminoso
non da noi, ma dall'opinione altrui:
perchè chi mi osserva infido e sleale
dovrebbe benedire il mio sangue gagliardo ?
Perchè le mie debolezze, spiate da chi è più debole,
divengono perverse, mentre a me sembrano oneste ?
No, io sono ciò che sono, e chi si scaglia
contro i miei peccati riconosce i propri:
io posso esser sincero, anche se il mondo è falso,
chi pensa volgarmente, non illustri la mia condotta;
a meno che non proclami che tutto è male,
ogni uomo abietto e prospera nell'abiezione.

Nella sua immodestia del tutto giustificata il divino Will definisce sé stesso allo stesso modo del dio che appare a Mosè nel roveto ardente (Esodo, 3, 13-14):

E Mosè disse a Dio: 'Ecco, quando sarò andato dai figliuoli d'Israele e avrò detto loro: L'Iddio dei vostri padre m'ha mandato da voi, se essi mi dicono: Qual'è il suo nome ? che risponderò loro ?'
Iddio disse a Mosè: 'Io sono quegli che sono'. Poi disse: 'Dirai così ai figliuoli d'Israele: L'Io sono m'ha mandato a voi.'

Ognuno ha i propri gusti, ma di certo io preferisco credere in Shakespeare.

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